Nei giardini degli scettici è la raccolta poetica di Massimo Barbaro. Tra queste pagine si respira l’atmosfera di un monologo molto naturale del poeta con la propria anima, fatto di immagini, simboli aerei e leggeri della disperata condizione umana. I versi insinuano una persistente malinconia che non si colora di minimalismi crepuscolari, ma si esprime con una fermezza delicata, ai confini di una percezione zen dell’io e del mondo.
La voce che percorre questa raccolta è una leggera rapsodia filosofica che abita luoghi ed emozioni reali.
L’andatura del libro di Barbaro appare lenta, meditativa, ma si compone di versi agili, brevi, veloci, con poesie anche in lingua francese e inglese. Vi si respira l’atmosfera di un monologo molto naturale con la propria anima, fatto di immagini che sono simboli aerei e leggeri della disperata condizione umana, e insinuano una persistente malinconia che non si colora di minimalismi crepuscolari, ma si esprime con una fermezza delicata, ai confini di una percezione zen dell’io e del mondo.
Variazioni di silenzi, epifanie della parola… Un attimo di sospensione assoluta. (M. Ercolani)
Nei giardini degli scettici ogni poesia nasce nel desiderio di aprirsi una via alla conoscenza di sé attraverso la magia di un linguaggio minimo, che si insinua nei dettagli, negli interstizi tra gli oggetti. L’atmosfera non è sentimentale, ma ricca di tonalità affettive che evocano una malinconia leopardiana. La voce della lontananza, dell’abbandono, è quella di un monaco laico, che conosce le variazioni dei silenzi e le epifanie della parola.
e insensibile al richiamo dell’onda
al rifrangersi del sole freddo e
accecante
incredulo alle lusinghe del respiro profondo
tornano gli attimi della memoria feroce
dimentichi dello spessore degli anni
affondi nel senso smarrito
del tempo trascorso
incapace di guardare lontano
In questo libro ordinarie rivelazioni ci raggiungono per il momento (for the time being). Come nelle riprese deliberatamente a vuoto di Antonioni, quando lasciava che l’obiettivo indugiasse a registrare passivamente, discretamente, in modo tenero e a un tempo implacabile, il non-evento, il quotidiano che ci illudiamo di conoscere. Dall’introduzione a Nei giardini degli scettici di M. Bazzano
Tre gouaches da Nei giardini degli scettici
Entropia
Le luci a grappoli sul palo si sono fatte più accese.
Alta probabilità di incidente ferroviario.
L’azzurro cupo del cielo della sera nell’occhio clinico
del direttore della fotografia. Nella poltrona che
zoppica volutamente, le gambe accavallate.
Il vecchio affonda nella poltrona di vimini, posa la
mano sul braccio del figlio e il pensiero della morte
che è meglio scacciare; morte familiare e il peso
dell’unico figlio.
Inseguita la sigaretta accesa gettata nel fiume, la
condanna del silenzio sempre da scontare con il privilegio
dell’ascolto. E l’attenzione. Il tentativo di
cogliere tutti i discorsi. Questione di impermeabilità,
ermetismo.
Dopo il quindici agosto l’estate finisce
Al volgere dell’estate ritrovi le attese irrisolte; ripensamenti
a nuovo con il vento più freddo e il buio
incipiente. Poi verrà il desiderio del freddo e il rimpianto
per l’autunno non assaporato.
E si rimanda l’epilogo ulteriormente.La spina e la cautela
Qui piante e arbusti non crescono. Non ci sono alvei
e l’acqua viene dalle profondità della terra.
Ecco perché è più difficile ascoltare la voce del fiume.
ISBN: 978-88-902114-5-4
FORMATO: 12×17
PAGINE: 148
AUTORE: Massimo Barbaro
EDITORE: Edizioni del Foglio Clandestino
NOTA DI: Marco Ercolani
INTRODUZIONE DI: Manu Bazzano