Gli omuncoli e altre storie è la prima raccolta in lingua italiana dei racconti di Elena Schwartz, poeta russa tradotta in 17 lingue, una delle voci più innovative della poesia russa contemporanea.
L’irruzione del mistero e del trascendente nel quotidiano. È di questa esperienza e delle sue conseguenze che si informa la biografia, poetica e umana, di Elena Schwartz, una delle voci più innovative e originali della poesia russa contemporanea: ed è questa biografia che ci si rivela nei racconti qui presentati.
Questo volume è la prima raccolta in lingua italiana dei racconti di Elena Schwartz, poeta russa tradotta in 17 lingue.
In Gli omuncoli e altre Storie si delineano nitidamente, sullo sfondo sfuggente della realtà, le questioni predilette dalla poetessa: l’autobiografia, la condizione femminile, la storia, la poesia, il sogno, la redenzione dell’uomo.
Il trascendente è intuito per il tramite delle cose di tutti i giorni, i piccoli gesti d’affetto, la sensibilità femminile, il pianto e il riso, e poi l’assoluta tristezza, o l’assoluto stupore del mondo, propri solamente di certi momenti dell’infanzia, insomma tutto ciò che apre l’uno all’altro l’uomo e il mondo.
(Dalla nota Elena Schwartz: l’opera al rosso di M. Albè)
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Il furto della marmellata
Quando avevo tre anni, forse anche meno, rimasta sola in casa, pensai di assaporare furtivamente la marmellata nascosta nella credenza della zia. La credenza era stata fabbricata ancora prima della rivoluzione, era di legno rosso, di un’altezza enorme. Sul ripiano superiore, dietro i grossi sportelli di vetro si celavano i barattoli con la marmellata di mirtillo, di ciliegia… Munita di un cucchiaio da cucina, cominciai la mia ardua impresa di scalatrice. Accostata una sedia, arrivai alla lastra marmorea che cingeva la base della credenza: ora i miei occhi erano quasi al livello dei barattoli di marmellata. La mia mano aprì un’anta, il cuore cominciò a trepidare, avevo già spostato il cucchiaio nella mano destra, ma chissà perché in quel momento mi girai guardinga… E il cucchiaio scivolò, tintinnando, dalle mie mani sul pavimento: vidi, e l’avrei ricordato per tutta la vita, una sagoma bianca che con un movimento fluido e veloce attraversò la camera e si nascose in quella attigua senza porta. Terrorizzata, scesi dalla credenza. Per quante volte poi avrei ripetuto quell’azione criminosa, non avrei più avuto testimoni (oppure non li avrei visti).
Ben presto mi spaventò ancor di più la musica. In questo forse non c’è niente di sovrannaturale. Ero nuovamente sola in casa, quando all’improvviso la radio cominciò a trasmettere una musica orribile, da cui spirava un’estrema malinconia disumana. Assomigliava a un antico serpente, si attorcigliava attorno a me, in essa c’era qualcosa di più terribile che non semplicemente la morte. Cresceva, strisciava, si avvicinava sempre di più. In preda al terrore, corsi verso la porta che conduceva al corridoio del nostro appartamento in coabitazione (anche lì non c’era nessuno) e rimasi così, chissà perché con le braccia aperte, pronta a scappare in corridoio, per salvarmi, ma anche lì pareva celarsi qualcosa che si accordasse a quella musica. Non so che cosa fosse, ma mai più nella vita ho provato un simile orrore, una simile disperazione.
A proposito, in altre circostanze vidi di sfuggita una sagoma vestita di bianco, in verità diversa. Già nell’appartamento di Čërnaja Rečka,1 in un’epoca differente della vita, Oleg Ochapkin2 mi leggeva alcuni versi. Lungamente, con un giambo uniforme, vigoroso, senza vivacità e raziocinio, ma con una forza lugubre. Dopo averli letti, disse senza alcuna espressione una frase che anch’io avrei ricordato per tutta la vita: «Ecco, sono un uomo così.» Quando andai in cucina a prendere la teiera, vidi, senza ancora esservi entrata, che baluginava la sagoma di un corpo, bianca e con le ali. Ritornai e dissi a Ochapkin: adesso in cucina ho visto un angelo. Passammo a parlare di altri argomenti. Ma, evidentemente, Oleg lo raccontò a qualcuno, quindi cominciarono a dire che vedevo sempre gli angeli. Ahimè, non era così. Sempre solo durante le letture poetiche: non che li veda, li prevedo e li percepisco sullo sfondo. Hanno sempre pietà di me, quasi che io fossi una vittima – che si sfiata per il pubblico, – sono sempre stati con me, ovunque io leggessi: nella cameretta di un appartamento in coabitazione, nella sala sfarzosa, ora riarsa, del palazzo Šeremet’ev (la ‘Casa degli scrittori’), in una torre medievale a Newcastle, nelle case di cultura finlandesi, in un’università serba… Ovunque.
Da Elena Schwartz, Gli omuncoli e altre storie, edizioni del Foglio Clandestino, 2011.
ISBN: 978-88-905434-4-9
FORMATO: 13×18
PAGINE:180
AUTORE: Elena Schwartz
EDITORE: Edizioni del Foglio Clandestino
TRADUZIONI DI: Paolo Galvagni
NOTA DI: Marco Albè
IN COPERTINA: Dalla finestra si vede l’Europa di Gabriele Quartero